Proposta per l’adozione della Carta di Idomeni.

Federazione europea dei giornalisti
12 maggio 2016


 

Il codice deontologico antirazzista dei giornalisti greci, denominato in seguito “Carta di Idomeni” - in nome delle migliaia di profughi che transitano nella regione di Idomeni - deriva dal Codice di Etica Professionale e di Responsabilità Sociale della Federazione Panellenica dei Giornalisti (POESY) e dell’Unione dei Giornalisti di Macedonia e Tracia (ESIEMTH), e in particolare dagli Articoli 1, 2, 3, 7 e 8 dello stesso; dalla Carta di Roma; e dai codici deontologici dei giornalisti di Belgio e Paesi Bassi.

La Carta di Idomeni ha l’obiettivo di:

Tutelare il ruolo sociale dei giornalisti nelle condizioni create dalla presenza di rifugiati, migranti, minoranze e di gruppi socialmente vulnerabili in Grecia.

Scoraggiare e denunciare il clima d'intolleranza, xenofobia e razzismo che portano alla discriminazione e persecuzione per motivi di origine, religione, lingua, genere e/o affiliazione politica.

Garantire il diritto alla libertà di espressione, la libertà di stampa e i diritti dei rifugiati, migranti, richiedenti asilo e in generale dei gruppi sociali vulnerabili, in conformità con i principi del diritto internazionale, con la Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo, con la Convenzione Europea sui Diritti Umani e con la Carta di Treviso sulla tutela dei diritti dei bambini e dei minori nei media.

Fornire ai giornalisti delle linee guida per lo svolgimento delle loro mansioni.

 

Articoli

Articolo 1. I giornalisti hanno l’obbligo di comportarsi in conformità con i principi di equità e correttezza nei confronti di tutti i cittadini, nazionali e stranieri, e di evitare discriminazioni sulla base di etnia, paese di provenienza, religione, genere, razza, credo politico, condizione economica o status sociale.

Articolo 2. Il giornalista che fotografi, riprenda e/o intervisti rifugiati, migranti, vittime di tratta e persone appartenenti a gruppi sociali vulnerabili, deve sempre chiedere preventivamente il consenso del soggetto in modo da evitare di commettere violazioni della privacy e di ledere l’autostima e la personalità della persona fotografata o ripresa.

Articolo 3. In qualsiasi circostanza, i giornalisti hanno l’obbligo di garantire l’anonimato e di proteggere l’identità delle persone appartenenti a gruppi sociali vulnerabili che accettano di essere intervistati e di mostrare la loro immagine nei media. Rivelare l’identità di rifugiati, richiedenti asilo, migranti e vittime di tratta può comportare ritorsioni nei confronti dei soggetti e dei famigliari nel loro paese d’origine da parte di funzionari statali e non, o anche da organizzazioni criminali. Inoltre, i soggetti provenienti da contesti sociali e ambienti culturali differenti potrebbero non essere consapevoli delle dinamiche internazionali odierne e pertanto potrebbero non comprendere l’impatto della loro apparizione nei media.

Articolo 4. La raffigurazione di bambini e/o minori può sì sensibilizzare l’opinione pubblica sulla loro difficile situazione, ma comporta il rischio di sottoporli all’attenzione e allo sfruttamento da parte di individui e organizzazioni criminali. In ogni caso, le azioni che possono compromettere e/o perturbare il benessere emotivo dei minori devono essere evitate. I giornalisti devono consultarsi con esperti e funzionari delle ONG che lavorano con bambini rifugiati e, contemporaneamente, fare il possibile per mettere in evidenza il problema attraverso analisi e fatti specifici che illustrano l’essenza del problema.

Articolo 5. Nel descrivere gli eventi che coinvolgono gruppi sociali vulnerabili, i giornalisti devono evitare l’uso di stereotipi, generalizzazioni, semplificazioni eccessive, pregiudizi e caratterizzazioni dispregiative, anche se questi riflettono il sentimento popolare.

Nei testi, così come nei titoli, i giornalisti hanno l’obbligo di utilizzare una terminologia appropriata, come indicato dal diritto nazionale e internazionale (rifugiati, richiedenti asilo, vittime di tratta, sfollati, beneficiari di protezioni umanitaria, immigrati, ecc.)

Articolo 6. Nel presentare i fatti, nessun individuo o gruppo deve essere rappresentato in modo da contribuire alla stigmatizzazione, all’esclusione sociale o alla discriminazione sulla base della sua origine, religione, lingua o diversa opinione politica. Inoltre, sono da evitare rappresentazioni, prive di ricerca e documentazione approfondita, che possano destare inopportuna preoccupazione nell’opinione pubblica. Lo stile, il contenuto, la terminologia e il tono adottato nelle notizie deve mirare a ridurre la percezione delle differenze e non ad aumentarle. Considerato che la diversità culturale costituisce una risorsa per la società, il diritto alla diversità deve essere rispettato.

Articolo 7. Nel lavoro giornalistico, in forma scritta e verbale, il paese d’origine del soggetto, la sua etnia, religione, cultura, sono indicate solo quando assolutamente necessario, cioè solo quando è chiaro che l’uso di uno o più dei dati di cui sopra è cruciale per la documentazione della storia.

Articolo 8. Considerato che la Grecia riconosce solo l’esistenza della minoranza musulmana, mentre le ONG greche e internazionali affermano l’esistenza nel pease di minoranze etniche, linguistiche e religiose soggette a discriminazione, i media devono mantenere un approccio sensibile e rispettoso nei confronti dei diritti di tali minoranze.

Articolo 9. Particolare attenzione deve essere rivolta all’utilizzo di cifre, statistiche e casi relativi alla presenza di profughi e migranti in Grecia.  

Articolo 10. Nelle notizie che riguardano rifugiati e migranti devono essere presi in considerazione ed inclusi nelle notizie i punti di vista delle persone coinvolte, anche nel caso in cui essi non conoscano la lingua greca.

Articolo 11. Poiché la maggioranza dei giornalisti fa propria una posizione critica contro xenofobia e razzismo, è doveroso chiarire quali atteggiamenti costituiscano espressione di xenofobia e razzismo, chi esprime tali opinioni, in che modo e per quali motivi.

 

Campi profughi

Procedure d’accesso per i giornalisti

1. Il giornalista mostra il suo tesserino stampa o la lettera di autorizzazione da parte del suo datore di lavoro all’entrata del campo profughi. Non può esservi divieto d’ingresso imposto ai giornalisti e nessun requisito previsto per l’ottenimento dell’autorizzazione da parte dell’amministrazione centrale del Ministero della Difesa Nazionale o di qualsiasi altro Ministero.

2. Il giornalista è informato delle norme di funzionamento del campo.

3. Il giornalista è informato degli aspetti ai quali deve fare particolare attenzione. Il giornalista riceve una copia della Carta di Idomeni (tradotta in inglese e in arabo per i giornalisti stranieri) e dichiara di aver ricevuto il documento. Questa procedura consente di redigere un elenco dei giornalisti che accedono alla struttura. (La Carta di Idomeni dovrà essere adottata dall’Unione dei Giornalisti e dalla Federazione Panellenica dei giornalisti al fine di acquisire maggior peso).

4. Il giornalista viene accompagnato dal personale impiegato nel campo (a condizione che vi sia personale sufficiente) o da un volontario durante il corso della visita. Il volontario può essere un membro di una ONG e/o un membro dell’Unione dei Giornalisti che svolge funzione di appoggio. Non vi è nessun coinvolgimento del personale o dei volontari nelle interviste e/o delle riprese, che vengono condotte in conformità con l’impegno volontario assunto dal giornalista.

5. L’Osservatorio contro il Razzismo e la Xenofobia (previsto e istituito ai sensi della presente proposta) monitorerà la procedura su base quotidiana al fine di rilevare eventuali infrazioni e violazioni del Codice Etico Antirazzista.

Questa iniziativa dell'Unione dei giornalisti di Macedonia e Tracia (ESIEMTH) ha ricevuto il sostegno della Federazione Europea dei Giornalisti (EFJ) e dell’Associazione Carta di Roma.